Annotazioni empiriche basate su osservazioni fatte sulla vegetazione spontanea in aree naturali e sugli esperimenti condotti nella propagazione mediante semina, trapianto e talee.
Questo testo è un elenco di annotazioni empiriche basato su osservazioni fatte sulla vegetazione spontanea in aree naturali e sugli esperimenti condotti nella propagazione mediante semina, trapianto e talee. Le piante, principalmente, sono state osservate in Emilia Romagna nel territorio della provincia di Reggio nell'Emilia e Parma.
Molte tra le piante elencate sono cresciute allo stato spontaneo o senza alcuna cura, deducendo perciò che possa essere non solo possibile ma anche facile la loro perma-coltivazione. Possono essere utili nella realizzazione di un forest garden o food forest, o semplicemente in un bosco o una siepe di campagna e, perché no, nel proprio orto e giardino.
L'elenco è incompleto e l'ordine casuale. Alcune osservazioni o considerazioni potrebbero essere errate, segnalatemelo, mi farà piacere correggere. Questo testo attinge liberamente da fonti tradizionali e di pseudo-scienza, pertanto nessuna parte può essere considerata di carattere scientifico. Lo scopo infatti è offrire idee alternative che tuttavia, non sono attualmente accettate dalla agricoltura industriale scientifica.
Le indicazioni su commestibilità, tossicità, uso medicinale, qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non costituiscono e non provengono da prescrizione né da consiglio medico. Il sito FDSA.it non dà consigli medici.
Verificate sempre da più fonti, e mai solo da internet, le indicazioni sulla commestibilità delle piante spontanee. Utilizzate libri che trattano di fitoterapia e alimentazione scritti da erboristi, medici e botanici.
La castagna è un alimento completo che ha fatto sopravvivere molte generazioni di uomini che vivevano in luoghi difficili come l'appennino Tosco-Emiliano. La coltivazione è iniziata in tempi antichissimi, ne è testimonianza la larghissima diffusione in tutta Italia. Anche il legno del castagno è pregiato.
Il castagno è una pianta che rappresenta l'agricoltura sostenibile in Italia, al pari dell'ulivo. Negli ultimi anni tuttavia questa coltura è in forte declino, principalmente per l'abbandono.
Non la troverete semplicemente perché il mio ambito di osservazione preferito è la fascia di collina e alta pianura delle provincie di Reggio Emilia e Parma che non rientra nell'areale di diffusione dei castagneti. Perciò anche tutte le considerazioni sono da riferire solo a una situazione ambientale di questo tipo.
Il biancospino è un alberello autoctono che nel nostro ambiente ha una adattabilità straordinaria. Lo si trova, per esempio, sui crinali aridi e ventosi delle colline emiliane, là dove non cresce quasi nulla. Ma lo si trova molto facilmente anche in luoghi ombreggiati come i nostri boschi. Fruttifica in abbondanza (piccole drupe rosse), ma c'è poco da mangiare intorno ai semi. L'azzeruolo è una pianta simile che produce frutti più appetitosi, ma l'ho osservato solo in alcuni giardini.
La piantagione del genere "Crataegus" (a cui appartengono entrambi) è però attualmente proibita in Emilia Romagna per prevenire la diffusione del colpo di fuoco batterico, malattia che colpisce soprattutto le coltivazioni di pero. Allo stato spontaneo non mi è mai capitato di riconoscere in un biancospino cenni di malattia, mentre pare che siano colpite le siepi monospecifiche di biancospino che andavano di moda un po' di anni fa.
E' legittimo domandarsi se ad essere proibita debba essere la monocultura del pero anziché la piantumazione di qualche biancospino?
Nella farmacopea tradizionale i fiori del biancospino sono tenuti in grande considerazione per curare disturbi cardiaci, specialmente quelli associati all'ansia. L'efficacia curativa del biancospino è riconosciuta anche dalla medicina ufficiale occidentale (OMS).
Il metodo che si adotta si basa su alcuni momenti:
Scegliere piante spontanee significa non potersi sbagliare. Il mirabolano, per esempio nascerà, crescerà, fruttificherà e si riprodurrà spontaneamente senza che noi muoveremo un dito per lui. Semplicemente perché è perfetto per il nostro clima e il nostro ambiente. Provate a piantarlo da un seme.
Mai mi è capitato di osservare queste piante in situazioni in cui erano presenti senza altre specie. Le piante da frutto migliori (quelle con maggior produzione di frutti) si trovano spesso ai "margini" del bosco o della macchia, in una situazione quindi soleggiata, ma non in un contesto arido. La "macchia" stessa aiuta a mantenere un certo livello di umidità e la formazione di sottobosco ricco di biodiversità.
Un approccio comune a molte discipline, dalla silvicultura all'ingegneria naturalistica, è quello di osservare le piante che sono già presenti sul posto o nelle vicinanze. Saranno un buon punto di partenza per creare una "base" di sicuro successo per la piantumazione. E' sicuramente la prima cosa da fare nel caso di permaculture o agricoltura naturale.
La regola può essere piantare il maggior numero di specie utilizzando tutti i livelli dal sottobosco alle chiome del alberi maggiori, favorendo le piante e le associazioni tipiche del luogo.
Non avrebbe senso cercare il mix ideale di piante perché in natura non esiste. Anche le piante che non producono cibo per gli uomini hanno un ruolo utile. E' consuetudine per esempio nei frutteti utilizzare le rose per favorire l'impollinazione. Oppure in silvicultura utilizzare l'ontano, l'olivello spinoso e leguminose come ginestre, citisi, maggiociondoli, etc per arricchire il suolo di azoto.
Personalmente sono convinto che anche il ginepro e in generale le conifere svolgano un ruolo molto importante nel migliorare il suolo favorendo la creazione di una lettiera aerata e la micorizzazione del suolo.
Il ginepro è una pianta rustica, poco impegnativa, che si adatta e sopravvive in numerose condizioni. Comunque da piantare radi per non alterare troppo il ph del terreno.
Pioppi, salici e querce anche se non producono cibo commestibile per l'uomo sono molto importanti per proteggere il raccolto da parassiti e malattie. Da diverse fonti risulta che queste piante ospitano notevole varietà di insetti (diverse centinaia di specie differenti). E' forse solo una coincidenza che allo stato spontaneo / inselvatichito ho osservato in diverse occasioni la vite crescere al di sotto proprio di pioppi e salici?
Questo ruolo di controllo o "protezione" dai parassiti è svolto in generale dalla biodiversità che favorisce l'equilibrio tra le colonie di insetti con i loro antagonisti, parassitoidi, predatori etc.
E' una pianta eccezionale, diffusa in tutta Europa. Non è un caso che sia usato come portainnesto di molte specie di prugne perché è resistente sia alla siccità che al gelo. Ha un apparato radicale efficiente e versatile, adattato a molti tipi di suolo. Questi alberelli e i frutti, dalle nostre parti, sono chiamati in modo un po' dispregiativo "cagnetti". Il nome italiano ufficiale è amole. In realtà si tratta di ottime susine dal sapore nettamente superiore a tante altre più nobili prugne del supermercato. I frutti e le foglie presentano una certa variabilità, alcune hanno il frutto giallo (che personalmente preferisco), altre il frutto rosso. Questo è dovuto anche a causa dell'ibridazione con la cultivar Pissardi che viene utilizzata a scopo ornamentale ed è chiamata normalmente prunus. E' caratterizzata da foglie rosso scuro e frutti rossi non tanto buoni. Gli ibridi hanno spesso le foglie color ruggine.
Il cagnetto fruttifica in Luglio, solitamente con grande generosità, la drupa (il frutto) ha la buccia resistente e i frutti si presentano nella maggior parte dei casi sani nonostante non sia stato fatto alcun trattamento antiparassitario. E' pertanto una coltivazione biologica per eccellenza oltre ad essere una pianta ideale per la permacultura. La crescita è rapida, si può partire da semi piantati direttamente in terra poiché le piante, già da molto giovani, sono competitive con le infestanti e crescono in fretta. Procuratevi i semi in collina da varietà gialle non ibride.
Le amole gialle sono deliziose: dissetanti, saporite, succose, dolci ma non stucchevoli. Un frutto perfetto per il periodo in cui maturano, cioè i giorni più torridi dell'anno (solstizio d'estate, in Romagna sono talvolta chiamate prugne o susine di san Giovanni).
Per concludere l'elogio del cagnetto, il fiore fa parte dei celebri rimedi descritti dal dott. Edward Bach (in inglese cherry plum).
Il nocciolo è una pianta molto resistente che si adatta a diversi tipi di suolo e a diverse situazioni ambientali. Lo si trova nell'ombra dei boschi così come in pieno sole. Non ha particolari esigenze idriche ed è resistente al caldo e al freddo oltre che ai parassiti. Le nocciole sono un alimento eccellente e il guscio è una naturale protezione che consente anche la conservazione. E' un luogo comune che sia una pianta adatta solo alla montagna o alla collina, cresce infatti molto bene anche in pianura e non ci sono particolari problematiche nell'attecchimento. Nel mio caso, piante giovani in vaso (h 40cm) a un anno dal trapianto non necessitavano più di annaffiature estive. Dopo pochi anni hanno cominciato a riprodursi con polloni.
Il noce è un bellissimo albero tradizionalmente diffuso in tutta l'Emilia apprezzato per la qualità del legno oltre che per le proprietà nutrizionali dei frutti. In passato ha fatto parte dell'alimentazione di base di molte famiglie di agricoltori al pari del frumento o delle castagne in montagna. Se ne vedono molti nati spontaneamente lungo le strade e talvolta mi è capitato di trovarne nei boschi o nelle siepi spontanee. La fito-tossicità delle foglie e del mallo dovuta allo juglone può essere anche utile per combattere l'insediamento delle canne infestanti, per esempio il fragmiceto? (vedi questo documento)
Alcuni uccelli ricercano i semi del noce e contribiscono a propagarlo in modo naturale in tutti gli ambienti marginali. È frequente vedere noci nati spontaneamente ai bordi delle strade o nelle fasce fluviali spesso in associazione con le robinie. Nel mio campo incolto ne sono nati diversi seminati dalle gazze.
Nella toponomastica emiliana non è raro trovare noci, a testimonianza di importanza e diffusione che in passato rivestiva questa coltivazione, ad esempio Nocetolo in provincia di Reggio Emilia e Noceto nel parmense. In collina, nei pressi dei borghi oggi poco popolosi, troviamo ancora molti noci (per esempio sui terrazzamenti a Costa nel comune di Vetto nel reggiano).
Attualmente non è facile acquistare noci di provenienza italiana presso la grande distribuzione. E' un vero peccato perché il noce è stato storicamente uno degli alberi più utili per i nostri nonni e oggi dispiace molto l'idea di doversene procurare da altri continenti.
Dal noce si ricavano infatti:
Anche se la ricetta tradizionale del nocino prevede di raccogliere i frutti acerbi per il solstizio d'estate preferisco rimandare la raccolta a fine estate così da gioire nell'avere sia mallo maturo per le tinture alcooliche sia noci deliziose da mangiare fresche. Il mallo lo si può conservare congelato per successivi usi liquoristici.
Questo nocino non contiene zucchero aggiunto ed ha un grado alcoolico inferiore rispetto a quello classico.
Il noce, in Emilia Romagna, può essere coltivato con tecniche di agricoltura naturale ricordandosi che:
Studi universitari hanno mostrato che la consociazione con ontano napoletano e olivello spinoso è stata di vantaggio nella crescita. Consociazione con la robinia non ha dato altrettanti risultati forse per la competizione tra le due piante. Fonte
Quella del fico è una non coltivazione per eccellenza, per questo può rientrare a pieno titolo tra le piante da perma-coltivare. Ben adattato anche al clima della pianura padana nasce spontaneamente dai semi trasportati dagli uccelli. È un albero dal portamento caratteristico preferendo svilupparsi in larghezza piuttosto che in altezza. È molto bello dal punto di vista paesaggistico come pianta isolata. Gradisce peraltro posizioni calde e soleggiate e i migliori raccolti si hanno probabilmente nelle annate più calde (ad esempio nell'ultimo anno 2011). Ho osservato in più occasioni anche fichi al di sotto delle chiome dei noci.
Oggi è classificato tra i frutti minori, in passato non era affatto così.
Infatti esistono numerosissime varietà di fichi. Ci sono feste popolari, leggende, tradizioni, persino citazioni bibliche! Oltre al proverbio popolare che tira in ballo il fico secco... i nostri nonni infatti conoscevano anche le tecniche per essiccarlo quindi conservarlo come scorta alimentare per l'inverno. Per propagare una varietà si può procedere dissotterrando un pollone con la radice. Oppure facendo talee. Non ha bisogno di innesti o potature.
Il corniolo è un alberello autoctono diffuso in tutta Italia soprattutto in collina, ma ben adattato anche in pianura. Lo si trova all'interno dei boschi, dove cresce sviluppandosi in altezza e ai margini delle macchie dove può svilupparsi come arbusto-alberello. Molte varietà del genere Cornus sono utilizzate anche nella realizzazione di siepi ornamentali. E' parente stretto del sanguinello (Cornus sanguinea) tant'è che è abbastanza difficile distinguerli osservando solo le foglie. Rispetto al sanguinello ha un legno più duro apprezzato in ebanisteria (da qui il nome latino mas-maschio) e produce buoni frutti commestibili che ricordano per forma e colore le ciliegie (i frutti del sanguinello sono invece spregevoli). Qua e la sul web si trovano varie descrizioni del sapore di questo frutto, spesso giudicato "asprigno". Per esperienza posso dire questo: il frutto ha un sapore delizioso e unico, non è aspro, vale la pena assaggiarlo. E' molto aspro quando non è completamente maturo, il momento per raccoglierlo è quando le bacche assumono un colore rosso più scuro e si staccano quasi spontaneamente dal picciolo. Il sapore e la consistenza del frutto sono molto condizionati da fattori ambientali e anche dall'andamento della stagione, la siccità li rovina. La pianta si può riprodurre con successo a partire dai semi la cui quiescenza è complessa. Nel mio caso sono occorsi due anni prima della germinazione che è avvenuta in contemporanea per tutti i semi all'inizio della primavera.
Il sambuco è un arbusto davvero facile da coltivare. Oltre a farlo nascere dai semi si può riprodurlo con grande facilità per talea, semplicemente piantandone un ramo reciso. La crescita è rapida e la pianta ben presto assume l'aspetto di un denso arbusto. La fruttificazione è abbondante e avviene già dai primi anni di vita della nuova pianta. Il frutto ha un buon sapore, ma i semi contengono piccole quantità di una sostanza tossica, perciò è adatto alla produzione di sciroppi o marmellate. Ci sono testimonianze molto antiche dell'uso alimentare dei frutti di questa pianta.
E' forse provocatorio inserire il rovo in questa lista, ma i suoi frutti (le more), a mio avviso, sono come sapore tra i più buoni in assoluto. Come tutti i frutti di bosco va ricordato anche che possiede virtù fitoterapiche, per esempio nella protezione da cardiopatie e dal tumore al colon. Anche le foglie sono usate in fitoterapia.
Se per un attimo dimentichiamo che è una fastidiosissima pianta spinosa potremo elogiarla. Trovo peraltro curioso come il disprezzo nei confronti di questa pianta non avvenga nei confronti delle "inutili" rose.
E' una pianta estremamente resistente che si adatta a tantissimi tipi di suolo, dalle dune costiere, al sottobosco, ai fossi interpoderali. Non teme gelo, siccità ne parassiti, i frutti si presentano sani e, nelle piante adulte, in buone condizioni di esposizione decisamente abbondanti. Piantare rovi, ...sembra un eresia... ma non è difficile. Possono essere riprodotti per talea e le giovani piante attecchiscono con facilità nella maggior parte dei terreni (la semina diretta dei semi non l'ho sperimentata).
Allo stato spontaneo, nelle nostre colline sono facilmente ritrovabili molte specie che presentano tra loro differenze sia nel frutto che nella forma della spina. Il più rustico è Rubus ulmifolius, considerato da taluni una pianta pioniera da altri una fastidiosissima infestante spinosa.
Galeno riteneva che la maggior parte dei germogli degi alberi fossero commestibili (cotti bolliti) ed assimilabili dal punto di vista nutritivo agli asparagi. Teneva i germogli di rovo in grande considerazione collocandoli tra i migliori commestibili insieme a terebinto, lentisco, agnocasto, vite e rosa selvatica. Ai suoi tempi, alcuni germogli venivano conservati sotto aceto e, talvolta, salamoia.
Il pino domestico o pino da pinoli è diffuso in molte parti d'Italia e nella nostra regione lo troviamo talvolta nei boschi litoranei dove crea suggestive pinete insieme con il pino Marittimo (Pinus pinaster). Sono presenti esemplari isolati o in piccoli gruppi un po' in tutta la provincia di Reggio Emilia. Spesso viene confuso con altri tipi di pino come il pino marittimo, il pino d'Aleppo o il pino silvestre. Purtroppo l'analfabetismo che riguarda gli alberi fa si che spesso si confonda il pino con l'abete. Il motivo per cui l'ho inserito in quest'elenco è quello nutrizionale dei pinoli, che sono un alimento di grandissima qualità. E' molto utilizzato anche per piantumazioni stradali e verde urbano conferendo anche alla città un carattere mediterraneo e solare. Ma soprattutto può essere una pianta molto utile per combattere l'inquinamento atmosferico, soprattutto in inverno visto che è sempreverde. In condizioni di inquinamento elevato, la pianta rischia tuttavia di morire.
Diverse varietà di pino, (specialmente il pino silvestre, spontaneo sui nostri appennini) sono usate nella medicina popolare, per curare i "malanni invernali" in virtù della azione balsamica. Per questo scopo sono raccolte le estremità giovani dei rami. Anche il polline di pino pare avere interessanti proprietà.
E' molto facile riprodurre piante di Pinus pinea a partire dai semi. E' sufficiente
mettere a dimora in autunno i pinoli (non sgusciati) in vasi riempiti di torba (vanno tenuti all'aperto e non riparati). Germineranno all'inizio della primavera successiva.
Per approfondire.
Nella nostra regione l'asparago selvatico è diffusissimo nelle pinete litoranee e romagnole, per questo motivo l'ho inserito qui, subito dopo il pino domestico. Le asparagine (come sono comunemente chiamati gli arbusti dell'asparago) sembrano trovare qui un ambiente più che favorevole, probabilmente grazie alla natura del terreno del sottobosco e la fortissima presenza di micelio nel suolo. Gli asparagi selvatici "coltivati" in un contesto di bosco non necessitano pertanto di concimazione ne annaffiature.
Dell'asparago si raccolgono in primavera i turioni, i germogli che spuntano dal terreno nei pressi delle asparagine, che si consumano generalmente lessi. Mi è capitato anche di osservare turioni nati all'inizio dell'autunno. In casi più rari è possibile trovare superbi turioni di asparago selvatico di dimensioni paragonabili a quelli commerciali, solitamente invece gli asparagi selvatici hanno un diametro inferiore al mezzo centimetro.
In tutta Italia gli asparagi selvatici sono apprezzati dai buongustai che li mangiano in frittate, risotti o semplicemente lessati. Personalmente li apprezzo molto anche crudi, appena raccolti.
Le specie di asparagi selvatici presenti nella nostra regione sono: Asparagus acutifolius, maritimus, officinalis, tenuifolius. Si differenziano per:
Asparagus teniufolius si propaga da seme con facilità con percentuali di germinabilità vicine al 100%. Raccolte le bacche (rosse) a inizio autunno, si estraggono i semi neri, si puliscono della polpa e si seminano il prima possibile (vasi con torba lasciati all'aperto non al coperto). Le piante germinano a fine inverno/inizio primavera formando un mini-turione da cui si sviluppano le piantine. In autunno la radice avrà avuto uno sviluppo sorprendente rispetto alla parte aerea e potrà essere il momento di trapiantarle.
Evitate sempre di rovinare le piante spontanee tentando il trapianto. Raccogliete con moderazione i semi ed utilizzateli per la loro propagazione quando possibile.
L'araucaria o araucana è l'albero nazionale del Cile è una conifera molto resistente e adatta a molti tipi di clima. Premettendo che nutro sempre un po' di istintiva sfiducia nei confronti delle piante non autoctone, questa pianta ha comunque colpito la mia attenzione. E' infatti la prima in ordine alfabetico consigliata dal PFAF (vedi fine pagina) e mi è capitato di vederne alcune anche nella nostra provincia (a Casina e a Bibbiano). E' una pianta che cresce lentamente ma può vivere molto a lungo producendo (negli esemplari femminili) delle sorte di grossi pinoli dalle eccellenti qualità nutrizionali. Un albero che potrebbe avere quindi un ruolo paragonabile a quello del castagno o del noce.
I suoi frutti attraenti, succosi ed aciduli, in Emilia Romagna sono solitamente chiamati marene. Decisamente meno ricercati dei duroni sono tuttavia di notevole interesse alimentare, medicinale e paesaggistico. Queste piante hanno anche la caratteristica di essere rustiche, resistenti alla siccità, e per nulla esigenti in termini di terreno. La fruttificazione è abbondante e precoce, è possibile coltivare amareni senza irrigazione.
L'amareno faceva parte della farmacopea tradizionale:
Tendono ad espandersi naturalmente mediante polloni creando macchie dense, sono resistenti alla potatura quindi adatte anche ad essere integrate in siepi di forme regolari. Mi è capitato di trovarne anche nelle piantumazioni di mitigazione lungo le strade, in tarda primavera facilmente riconoscibili dalla presenza abbondante di frutti. Queste piante non sono state concimate, ne hanno subito "trattamenti". Osservati da vicino la maggior parte delle amarene si presentava sana e perfetta.
Il prugno domestico o susino è un albero da frutto coltivato da tempi molto remoti, presente in tutta la campagna emiliana dalla pianura alla montagna. Spesso si trovano susini inselvatichiti in porzioni di campagna abbandonate a conferma della rusticità di questa pianta. E’ interessante osservare che i susini “storici” a differenza delle moderne coltivazioni e di quanto offrono i vivai non sono innestati. Le piante non innestate tendono a propagarsi spontaneamente, analogamente agli amareni, creando macchie di frutteto che si espandono.
Nel mio campo, 20 anni fa e più, erano presenti alcune piante della celebre varietà emiliana “Zucchella". In seguito furono più volte tagliate a raso; nonostante questo le radici hanno continuato a produrre polloni dai quali molte piante stanno crescendo vigorosamente. (Ho come termine di paragone un'altra varietà di prugne a poca distanza).
E' interessante perciò piantare gli "zucchelli" non innestati per diversi motivi:
Nel luogo d'origine delle zucchelle, Lentigione, queste piante erano in passato utilizzate come tutori della vite al posto dell'olmo.
Ho visto in diverse occasioni Olmi e Prugni (tra cui zucchelle) crescere insieme armoniosamente formando siepi lungo canali o su confini poderali.
Le mandorle sono semi oleosi le cui proprietà nutritive e medicinali sono da secoli conosciute nelle tradizioni orientali ma che negli ultimi anni stanno godendo di grande fama anche in occidente. Una delle allettanti proprietà che gli sono attribuite è quella di fare dimagrire, nonostante sia in assoluto uno dei cibi con più alto tenore di grassi.
In Umbria ho trovato alberelli di mandorle abbandonati da tempo e sono rimasto colpito dall'abbondanza della fruttificazione se paragonata alla apparente sterilità del terreno dove sono collocati. I frutti, o meglio i semi, si presentavano quasi totalmente sani anche nel caso di quelli caduti a terra da tempo.
Dai primi tentativi compiuti (da due anni) è parsa facile la propagazione mediante sia la semina diretta nel terreno che la semina in vaso. In entrambi i casi compiuta in autunno (su terreno il più possibile sterile a profondità di qualche cm) per poi osservare le piante germinare in primavera. Le giovani piante, sia quelle nate in situ che quelle trapiantate (nell'autunno successivo) appaiono vigorose e resistenti alla siccità nonostante il terreno molto diverso e il clima Padano anziché Umbro.
La melagrana (il frutto) sta suscitando negli ultimi anni un rinnovato interesse grazie alle sue proprietà che va di moda definire nutraceutiche. Un prodotto attualmente comune nelle farmacie è il succo di melograno mentre la medicina tradizionale indiana (Ayurveda) fa uso anche di scorze, cortecce, foglie, radici e fiori del melograno.
Questo frutto ha una grandiosa tradizione anche in tutto l'occidente; ha prestato il nome a uno stato, alla bomba a mano, alla bevanda ghiacciata, alla tonalità di rosso della maglia di alcune squadre di calcio.
Propagare il melograno da seme è facile. È sufficiente interrare di pochi millimetri i semi in vasi con terra o terriccio che andranno tenuti all'aperto. E' possibile seminarli dall'autunno alla fine dell'inverno per poi vederli germinare in primavera. Le cotiledoni del melograno hanno una forma unica e inconfondibile, si presentano arrotolate in verticale e si srotolano come minuscole pergamene. Il successivo trapianto in autunno non è favorito dal fatto che le piante hanno ancora modeste dimensioni; tuttavia le piantine sono robuste e sopravvivono alla moderata presenza di erbe infestanti. È facile vedere melograni nei giardini in quanto anche la fioritura è apprezzata; inoltre il portamento ad arbusto e le piccole dimensioni ne consentono una facile collocazione.
La melagrana è il mio frutto preferito da mangiare nello yogurt.
Il Topinambur è una pianta erbacea infestante anche di notevoli dimensioni di origine americana. Si riconosce facilmente dai fiori che sono bellissime "margherite" gialle che fioriscono in Settembre e Ottobre. La parte commestibile sono i rizomi con cui si propaga, tuberi che assomigliano come sapore alla patata (qualcuno dice anche al carciofo). E' un alimento che fa parte della cucina Piemontese, ma è molto diffuso anche sul nostro territorio.
Si riproduce in fretta attraverso la radice che si espande in tutte le direzioni; in un substrato sabbioso la diffusione è notevole. Cresce benissimo anche in mezzo ai sassi, anzi una situazione di questo tipo è ideale per la coltivazione (sembra paradossale) in quanto facilita notevolmente la raccolta: i rizomi si espandono di meno, quindi si scava molto poco, a volte è sufficiente sollevare i sassi. La pianta non sembra temere ne il gelo invernale, ne il caldo estivo, ne insetti o parassiti. Cresce meglio in di pieno sole che nella mezzombra. Le sue dimensioni notevoli (ho visto esemplari alti quasi 3 metri!) la rendono competitiva con le altre erbe infestanti. I tuberi hanno qualità nutrizionali di tutto rispetto, analoghe a quelle della patata.
I topinambur che si raccolgono allo stato spontaneo sono molto diversi da quelli coltivati in vendita in alcuni supermercati.
Nelle radici dei topinambur, così come nel rizoma della bardana e del farfaraccio (anch'esse piante infestanti diffuse negli incolti e presso le fasce fluviali) è presente uno zucchero chiamato inulina. Secondo alcuni questa sostanza è un vero toccasana svolgendo una azione regolatrice nei confronti della flora intestinale e riducendo il colesterolo. La radice di bardana gode di grandissima considerazione tra i sostenitori della macrobiotica soprattutto in Giappone.
La bardana è nominata diverse volte nel libro di Michio Kushi Teoria e pratica dell'agricoltura naturale. Questa pianta, in Giappone, è considerata un ortaggio pregiato; tuttavia questa è una definizione riduttiva essendo apprezzatissima anche come pianta medicinale.
Ho osservato la bardana in ambienti non secchi, talvolta anche poco luminosi d'estate come i boschi fluviali. E' sporadica ma non è rara. L'ho trovata (sempre spontanea) anche in montagna in posti dal clima problematico come i monti Sibillini nei pressi di Castelluccio di Norcia.
Per iniziare la coltivazione è possibile raccogliere i semi di piante selvatiche che sono contenuti nei caratteristici ricci spinosi dalla seconda metà di Agosto. Esiste una domanda di questa pianta sia per usi medicinali che alimentare nella filosofia/dieta macrobiotica.
Mi è capitato in diverse occasioni di osservare "piselli" cresciuti spontaneamente, in contesti anche molto diversi ma sempre ben soleggiati. Per esempio in pianura tra i sassi ai margini delle fasce fluviali. Ma anche sulla cima apparentemente molto arida di colline o montagne dell'appennino. In queste piante allo stato selvatico non ho mai osservato alcun tipo di malattia o di attacco da parte di parassiti.
Quelli che appaiono come piselli selvatici sono legumi che possono fare parte del genere Pisum (piselli) e Lathyrus (Cicerchia).
Roveja (Pisum arvense)
Da qualche anno in Italia centrale si è ricominciato a coltivare questo pisello selvatico che è commercializzato con nome di Roveja o roveglia. L'ho trovato in vendita in diverse località in Umbria. Si può utilizzare il seme in commercio (solitamente disidratato) anche per la semina.
L'agronomo reggiano Filippo Re testimoniava che ai suoi tempi la rubiglia era coltivata anche sul nostro appennino.
La fragola di bosco è una pianta erbacea perenne molto frequente nelle nostre colline, in ambienti ombreggiati. Si riproduce e si espande in tutte le direzioni attraverso gli stoloni. Ho osservato fragole (anche non di bosco) attecchire per sbaglio sul prato e li sopravvivere e riprodursi senza particolare problema. La dimensione dei frutti la rende una pianta decisamente... dietetica. Ho trapiantato fragole di bosco con successo in un contesto molto ombreggiato (sotto un grande gelso). Credo che l'ambiente del sottobosco con presenza di funghi nel suolo sia favorevole alla loro sopravvivenza nella stagione secca.
Per coltivarle, una spessa pacciamatura fatta con legno secco può essere utile per nutrire i microorganismi del suolo, (quindi, indirettamente, le fragole), a mantenere ombreggiata e umida la terra, e ad inibire la presenza di altre erbe infestanti.
Molti non lo sanno: le profumate viole di bosco sono ottime nell'insalata, sia il fiore che le foglie. La loro virtù sta anche nel fatto che sono una primizia, spuntando all'inizio della primavera. E' un'erbacea perenne che si trova con molta facilità in primavera nei boschi di caducifoglie, per esempio nelle fasce forestali dei nostri torrenti. Si trovano facilmente sia del tipico colore violetto che di colore bianco.
Il fiore profumatissimo della viola mammola è ricercato in fitoterapia, contiene (tra gli altri numerosi composti) acido salicilico.
Ho trovato rucola selvatica ai margini di alcune carraie, e molto frequentemente tra i sassi nel greto secco del torrente quasi tutto l'anno (la rucola selvatica è una pianta erbacea perenne). Alcune rezdore della zona la raccolgono abitualmente li. In mezzo ad un prato, se fosse presente, sarebbe più difficile vederla a causa della sua dimensione più piccola rispetto alle altre erbe. Alla rucola in epoca antica furono attribuite anche altre virtù degne di nota, scrive Columella:
La ruca, o Priapo, vicino a te seminiamo per risvegliare al dovere i mariti lenti.
Si raccolgono in autunno oppure si trovano in commercio i semi di rucola selvatica che si possono provare a piantare in diverse situazioni ambientali (ombra-sole , umido-secco) per poi capire dove vi possono essere i migliori risultati (probabilmente in pieno sole). Per approfondire.
Mi è capitato di osservare fiori di Muscari in prati incolti sulle colline in primavera. Sono molto facili da riconoscere e mi avevano colpito per il bellissimo colore blu e la forma insolita. In seguito ho scoperto che possiedono un bulbo commestibile apprezzato in alcune cucine tradizionali italiane (per es. in Puglia noti come lampascioni).
Esistono diverse varietà di muscari alcune spontanee, altre in commercio principalmente come bellissimi fiori decorativi. La varietà autoctona da coltivare potrebbe essere Muscari comosum.
Il luppolo deve la sua celebrità alla birra. Non so se continuerete a bere birra dopo avere annusato la fetida inflorescenza, che ha però usi medicinali oltre che per la birra (tuttavia è sconsigliato per gli uomini).
E' sicuramente più interessante scoprire che i getti apicali primaverili si mangiano come gli asparagi. Le nostre nonne li raccoglievano per mangiarli nelle frittate; venivano chiamati nel nostro dialetto avertis.
Il luppolo è una pianta infestante diffusa. Il nome luppolo a me evoca il verbo italiano avviluppare perché la pianta, effettivamente, ama attorcigliarsi sui tronchi, rami e anche liane di vitalba.
Ce n'è tanto lungo i nostri canali, nei boschi, nelle rive incolte e ne ho trovato persino nell'arido alveo sassoso del torrente. Per piantarlo la cosa più semplice appare raccogliere e utilizzare i semi che sono acheni che ricordano quelli del carpino nero(!). Le piante osservate erano decisamente robuste; hanno la capacità di espandersi strisciando nelle zone aperte e di arrampicarsi per cercare la luce in contesto di bosco.
Ci sono varie erbe del genere plantago (ad es. P. lanceolata, P. major, P. media) che crescono spontaneamente nei nostri prati, incolti, strade... in pianura e in collina. E' un'erba davvero tanto diffusa e facile da riconoscere dalle profonde nervature parallele che percorrono le foglie (lanceolate) e dalle caratteristiche inflorescenze verdi.
Alcune varietà di piantaggine oltre ad avere proprietà medicinali sono commestibili (foglie) sia crude come insalata che lesse con un uso simile a quello delle bietole o degli spinaci.
Un'erba medicinale appartenete alla genere delle piantaggini che va molto di moda in questi anni è lo Psillio (Plantago psyllium).
Il ciocabecco è l'italianizzazione del termine dialettale ciocabek che individua il Tragopogon pratensis, una pianta erbacea spontanea in Emilia Romagna. Un altro nome con cui questa erba era chiamata nel Reggiano (val d'Enza) è atasino (atasini al plurale, dialettale atasein) mentre il nome "ufficiale" in Italia è barba di becco.
Oltre ad essere infestante nelle mie aiuole (ma nessuno si azzardi a estirparla!) l'ho vista anche ai margini di carraie in pianura e su prati stabili di collina. Questi campi subiscono un solo sfalcio annuo in estate e danno la possibilità ai ciocabecchi, così come a tante altre erbe spontanee, di completare il ciclo riproduttivo (i semi sono maturi non prima di Giugno). E' perciò impossibile da trovare nelle foraggere di pianura coltivate a graminacee così come in parchi e giardini con i pratini in stile campo da golf.
Nella mia famiglia la barba di becco è l'unica pianta spontanea ad essere ancora ricercata e cucinata. Gode di tale considerazione che talvolta è impropriamente chiamata "asparago selvatico" (anche se assomiglia di più agli asparagi coltivati che a quelli selvatici). A scopo alimentare si utilizzano i giovani fusti raccolti a primavera non ancora fioriti (vanno privati del bocciolo), e si lessano come gli asparagi. Una ricetta tipica è il risotto ai cioccabecchi che ricorda il risotto agli asparagi, oppure la frittata.
La radice di questa pianta e di altre della specie Tragopogon contiene zuccheri pregiati come inulina e mannitolo, è tra i rimedi fitoterapici con diverse virtù. Secondo alcuni, in passato era utilizzata secca come surrogato del caffè. Il periodo giusto per la raccolta della radice è l'inverno. Tuttavia è molto difficile riconoscere questa pregiata pianta in questo periodo in quanto le foglie sono molto simili a un comunissimo ciuffo d'erba.
Il nome scientifico di origine greca (tragopogon) e quello italiano richiamano la somiglianza del ciuffo che spunta dalla cima che sta per schiudersi con la barba della capra. Chissa se il folkloristico termine ciocabek può avere un significato come "ciuffo di caprone"?
Per un po' ci ho combattutto... considerandolo una pianta fastidiosa dell'orto. A volte abbiamo punti di vista molto distorti. Proprio davanti a casa mia poco tempo fa ho visto una coppia di indiani che raccoglievano erbe spontanee, gli chiesi quali erbe cercavano e mi mostrarono il... farinello. Non mi sono più permesso di estirpare nemmeno un farinello da allora. È comunque facile trovare informazioni sull'uso alimentare di questa pianta che può sostituire spinaci e bietole. La sua provenienza "selvatica" lo rende sicuramente più ricco e completo per quanto riguarda il valore alimentare. Il nome deriva dalla caratteristica patina bianca e... farinosa delle foglie più giovani.
Un parente stretto di questa pianta è la quinoa o Chenopodium quinoa, cereale di origine andina il cui uso è sempre più di moda anche nella cultura alimentare occidentale.
Il rosolaccio, cioè il papavero rosso comune è una erba infestante un tempo molto frequente nei campi di frumento. E' tuttora molto diffusa in luoghi marginali e antropizzati. Nel mio giardino compare spontaneamente dove smuovo della terra. Questa erba, a fine inverno, si presenta come una bassa rosetta di foglie di colore verde chiaro. Queste foglie hanno un sapore intenso e per nulla amaro, possono essere mangiate sia crude che sbollentate. In Romagna era comune l'uso dei rosolacei nella piadina.
Il papavero rosso è una delle erbe più celebri della medicina tradizionale. Si utilizzano i petali rossi che sono blandamente calmanti, sedativi e ipnotici, in quantità molto modeste le capsule verdi (che hanno le medesime proprietà). Anche se il rosolaccio e il papavero da oppio sono parenti botanici, sia le foglie che i petali del rosolaccio sono considerati sicuri.
La Silene vulgaris è conosciuta in varie parti d'Italia come erba del cucco, strigli, strigoli e tanti altri nomi regionali che testimoniano l'ampia diffusione e il fatto che è apprezzata su tutto il territorio. Si raccoglie solitamente a fine inverno / inizio primavera prima di fiorire, ma anche in autunno è possibile trovare dei buoni teneri germogli. Gli strigoli potrebbero essere confusi da persone poco esperte con le tossiche euforbie o con le saponarie che spesso crescono negli stessi luoghi. Per essere certi del riconoscimento si considerino 3 cose:
La Silene alba è della stessa famiglia, anch'essa commestibile. Sono piante che si trovano con facilità negli incolti e spesso sono considerate infestanti. La silene (specialmente la Silene vulgaris) è ancora molto ricercata ed apprezzata dai cercatori di erbe spontanee.
Sono erbe perenni che diventano alte fino a 60cm. Nel periodo della raccolta, però, si presentano come germogli corti e quasi striscianti. Facili da riconoscere quando hanno i fiori e i frutti che sono caratteristici: seccandosi diventano capsule rigonfie che contengono tantissimi minuscoli semi.
La Silene alba nel mio orto e nel mio giardino è nata da sola in abbondanza insieme al farinello; è nata da sola persino dentro a vasi dove erano caduti casulmente dei semi. Questa erba infestante merita molta attenzione poiché oltre a non richiedere nulla per la coltivazione è di sapore ottimo. La produzione di germogli all'inizio della primavera è davvero abbondante ma anche in altri periodi dell'anno è possibile raccoglierne. Si utilizzano le estremità più tenere della pianta che non muore ma continua a produrre nuovi germogli. Per nulla amara, dal sapore di silene, con essa si prepara un delizioso risotto (con riso bianco integrale).
Con la Silene, abbiamo la possibilità di mangiare un'erba squisita che cresce spontanea:
Gli avertis erano raccolti da mia nonna nella vicina siepe che costeggiava un canale. Si trattava probabilmente di cime di luppolo che in primavera sono ottime (cotte).
Il termine avertis o vertis ha secondo me un significato più ampio almeno in origine. In primavera infatti tante piante offrono giovani germogli commestibili dalle buone qualità nutritive.
Sia piante erbacee, sia arbusti:
Di queste piante, in primavera le sommità sono commestibili e sono state ricercate in passato. La mia ipotesi sul termine avertis è perciò che avesse un significato generico:
Sono presenti diverse specie appartenente al genere artemisia tra cui il celebre assenzio. La pianta si riconosce per le sue foglie dalla forma complessa... definite tripennatifide. Altre varietà presentano foglie filiformi e sono ancora più profumate. Sono erbe perenni gradevolmente profumate che fanno parte della farmacopea tradizionale contenendo principi attivi dalle svariate qualità (es. tonificante, antisettico, antinfiammatori). Con le profumate artemisie si aromatizzano liquori e vini digestivi.
Alcune specie presentano una notevole diffusione come l'assenzio selvatico (considerato una temibile infestante) e l'Artemisia alba che è frequente in luoghi aridi. Tra le piante simili si sta diffondendo l'Ambrosia artemisiifolia (esotica di origine americana), dall'intenso e piacevole profumo ma odiata a causa dei suoi pollini fortemente allergenici.
Questa specie di artemisia è una infestante esotica che viene dalla Cina. Si sta diffondendo molto vigorosamente lungo le degradate fasce fluviali del Po, insieme ad altre esotiche come, ad esempio, il luppolo giapponese (Humulus japonicus) ed il sicio (Sycios angulatus). Pur essendo una pianta non autoctona, questa artemisia è una pianta di grande interesse per le sue proprietà medicinali universalmente riconosciute nella cura della malaria. Recenti studi hanno messo in luce caratteristiche molto promettenti anche nella cura dei tumori.
Questa erba ha profumo e sapore molto gradevole, probabilmente migliore delle altre artemisie autoctone d'Emilia, per questo, forse, potrebbe essere utilizzata anche per liquori ed enoliti tipo vermouth o genepy. Tra i tanti luoghi dove trovarla allo stato selvatico, dalla primavera all'estate vi sono i prati in riva al Po nei pressi del ponte di Viadana.
L'equiseto, detto anche coda di cavallo, è una pianta antichissima, i trattati di botanica dicono che risalga a 395 – 345 milioni di anni fa! Ha proprietà medicinali notevoli soprattutto per quanto riguarda i problemi legati al tessuto osseo. talvolta è una pianta decisamente infestante che si adatta a situazioni ambientali anche molto diverse. Ne ho visto in abbondanza nelle nostre fasce fluviali ma anche in zone incolte nella campagna, o canali degradati, oppure su prati di collina, o nei boschi. Se voleste coltivarlo... dimenticatevi la possibilità di piantare i semi, perché si riproduce con le spore, come fanno i funghi o le felci (come le felci è una pteridophyta). La sua ricchezza di minerali potrebbe farlo rientrare anche tra quelle adatte a "concimare" (in particolare per la capacità di estrarre potassio)? Illustrazione su wikipedia
L'iperico è una pianta erbacea perenne che sta tornando alla ribalta grazie alle sue qualità antidepressive e ai pochi effetti collaterali. Vi sono studi scientifici rigorosi a riguardo pubblicati dalla stessa OMS. E' conosciuta fin da tempi antichi come "erba di san Giovanni", in quanto la si trova normalmente fiorita a fine Giugno. E' molto facile da trovare nel periodo giusto (Giugno) nelle fasce fluviali e nei campi incolti.
Per esempio nel comune di Canossa, vi sono interi prati fioriti di iperico nei dintorni della riserva parco di Campotrera. Non si trova invece nelle foraggere / prati stabili che subiscono sfalci periodici sin dalla primavera.
Il ginepro è una conifera resistentissima. In certe situazioni rappresenta l'unica specie arborea presente, ad esempio in certi pascoli di montagna dove forma grandi cespugli impenetrabili. Ma si trova persino sulle dune litoranee in romagna!. Sulla nostra collina è diffuso sia nei sottoboschi dove ha una forma prostrata, che sulle scarpate più aride o franose dove assume invece il caratteristico (e bellissimo) portamento colonnare che lo fa assomigliare al cipresso.
Le bacche di Juniperus communis erano raccolte e consumate in virtù del loro effetto balsamico o, anche semplicemente masticate, per rinfrescare l'alito. Le bacche vanno raccolte mature, a fine estate o autunno, quando sono di colore nero bluastro. La bacca (chiamata anche pseudo-bacca), tecnicamente uno strobilio, è definita galbulo e talvolta chiamata coccola.
I tre semi contenuti per ciascuna bacca possono essere usati per la semina che va fatta in autunno per avere la germinazione nella primavera successiva. Anche le talee di ginepro sono possibili ma con determinati accorgimenti. Vanno presi dal tronco principale i piccoli rametti più bassi strappandoli con la mano in modo che rimanga un "callo" dal quale si svilupperà la radice.
Non rovinate le piante spontanee tentando il trapianto o le talee, raccogliete e piantate i semi!
Il ginepro è una pianta ideale per la permacultura su terreni difficili; oltre che per gli usi "officinali" per:
In passato si bruciava il profumato legno di ginepro con scopi magici e igienici per purificare la casa.
Il legno è duro, ben lavorabile, di profumo intenso e delizioso, potrebbe essere riscoperto e valorizzato per diversi usi, non solo per le botticelle di vini, liquori e aceti. Va prestata attenzione a oggetti commercializzati sotto il nome ambiguo di legno di ginepro realizzati con legno di Chamaecyparis obtusa che è solitamente definito cipresso ottuso o cipresso giapponese.
L'unico ginepro spontaneo in emilia è Juniperus communis. Tuttavia occorre sempre essere certi della specie di ginepro in quanto altre specie possono essere velenose.
Col ginepro comune (Juniperus communis) si possono fare enoliti, ovvero vini aromatizzati che in passato erano usati a scopi medicinali. Per esempio facendo macerare le bacche in un vino bianco secco con grado alcoolico alto per almeno 1 settimana. (Informazioni dettagliate e attendibili sugli enoliti si possono approfondire sui libri di fitoterapia scritti da erboristi e medici).
L'ortica è una pianta poco amata a causa delle sue note capacità... urticanti. La dovremmo tuttavia considerare una grande amica e non solo per le sue caratteristiche medicinali.
Nelle cucine regionali varie ricette hanno l'ortica come ingrediente. In Emilia sono "celebri" i tortelli d'ortica.
In Italia e in Emilia sono diffuse diverse specie appartenente al genere Galium. Nel mio giardino semi-incolto Galium aparine (nome italiano attaccabraghe) è una simpatica infestante omnipresente, mentre ho trovato non di rado anche Galium verum (caglio zolfino) e Galium odoratum (stellina profumata o asperula) in contesti più naturali (siepi).
Io le chiamo tutte stelline, dal momento che la caratteristica che le rende facilmente riconoscibili è la disposizione radiale (a stella) delle foglie lungo i fusti, tecnicamente definiti verticilli. Nell'asperula, viste le maggiori dimensioni rispetto alle altre due specie, è ancora più evidente l'effetto a stella o ad asterisco dei verticilli.
Queste erbe fresche sono poco odorose e possono sembrare insignificanti se non fastidiose (in particolare aparine) ma sono una sorpresa se ci si da la pena di raccoglierle. Man mano che essiccano (basta conservarle all'ombra in casa un po' di giorni) diventano molto profumate. L'odore è gradevolissimo, ricorda l'erba e il fieno estivo. Secondo i chimici questo profumo è riconducibile alla cumarina contenuta. A queste erbe la medicina popolare attribuiva diverse proprietà, da digestivi ad antiinfiammatori, a sedativi. L'aparine ha un sapore gradevole e non manca mai nelle mie tisane. In Germania il Galium è utilizzato anche per aromatizzare vino e birra.
Un'altra pianta erbacea comune con le foglie disposte a stellina (verticillo) è la robbia. Quest'ultima ha consistenza più coriacea e produce bacche nere in autunno.
Il nome latino Galium, che in italiano significa caglio, racconta che in antichità queste piante erano utilizzate per fare cagliare (rapprendere) il latte allo scopo di produrre formaggio. Uno dei nomi italiani di Galium verum è infatti caglio dei pastori.
Per fare coagulare il latte è possibile utilizzare le pannocchie fiorite gialle di Galium verum (caglio dei pastori) o quelle dai fiori bianchi di "Galium mollugo" (caglio bianco) lasciandole in infusione nel latte. L'uso del Galium per la produzione di formaggio è ricordato ad esempio nella contea inglese del Cheshire dove è tramandato che l'uso di questa erba rendesse il formaggio omonimo di qualità superiore.
Altri cagli vegetali tuttora utilizzati anche a scopo commerciale sono realizzati con i fiori di carciofo o di altre varietà di cardo selvatico.
Sono piante erbacee perenni che si trova con facilità nei prati incolti e anche tra i sassi dei torrenti, specialmente in Maggio presenta la bellissima fioritura rosata. Questa pianta erbacea è anche frequentissima in collina e montagna su scarpate rocciose. Le sue proprietà sono utili contro le dermatiti. In passato era utilizzata come detergente visto il contenuto di ... saponina. La permacoltivazione non presenta particolari problemi, se non rispettare il suo habitat arido per evitare la presenza di altre infestanti che la soffocherebbero; si può riprodurre per talea. Sono frequenti diverse varietà tra cui:
Mentuccia, mentone, mentastro... sono alcuni nomi che distinguono le numerose varietà di mente presenti anche nella nostra regione. Infatti la menta è diffusa allo stato spontaneo in numerose varietà, in funzione del tipo di suolo e soprattutto dell'umidità. La si trova in pianura negli incolti, lungo sentieri o ai margini delle strade di campagna, in collina e montagna anche nei prati stabili (che vengono sfalciati una sola volta all'anno). Nei canali non degradati e nelle fasce fluviali sono presenti le profumatissime varietà acquatiche. E' frequente in collina anche la nepitella o mentuccia (Clinopodium nepeta), si distingue dalle altre mente soprattutto per l'inflorescenza.
Ho trapiantato, in una aiuola molto assolata, alcune piantine raccolte ai margini di carraie. La menta ha attecchito con vigore e ha iniziato a propagarsi nel giro di pochi mesi.
Tra le piante officinali che troviamo spontanee nella nostra regione la melissa è sicuramente una delle più interessanti. Il delizioso profumo di limone delle foglie fresche e le sue proprietà rilassanti la rendono un ingrediente ideale in infusi e tisane.
Gli habitat che ho visto per la melissa allo stato spontaneo sono margini ombreggiati di boschi o lungo fasce fluviali sotto pioppi o noci, o nei pressi di ruderi (a nord); zone abbastanza fresche e non troppo secche. L'ho vista sopravvivere anche in condizioni più calde e assolate ma con dimensioni decisamente più piccole. La melissa si trapianta con facilità, è rustica e vigorosa. Un buon posto dove coltivare la melissa può essere il lato ombreggiato di una siepe oppure vicino alla propria casa a Nord.
Il rosmarino è una pianta spontanea mediterranea. Il suo nome evoca il mare e in effetti lo si può trovare facilmente nelle scarpate sassose in riva al mare nella vicina Liguria e Toscana (dove viene chiamato ramerino). E' coltivato da tempi antichissimi perciò è diventato subspontaneo un po' in tutta Italia oltre che in Emilia.
E' una pianta che non può mancare in nessun giardino, orto, e progetto di permacultura in quanto da una parte è pregiatissima per usi e proprietà, dall'altra è estremamente resistente e di facilissima propagazione oltre che coltivazione.
Uno squisito piatto tipico dell'appennino tosco-emiliano sono i tortelli di patate. Nella ricetta tradizionale reggiana il rosmarino tritato è un ingrediente fondamentale del ripieno che oltre alle patate è composto di parmigiano-reggiano, lardo macinato o burro, aglio, sale e noce moscata. Ricetta tradizionale
L'unica accortezza da avere nel coltivare il rosmarino è dargli una collocazione il più possibile calda e assolata e non farlo soffocare da eventuali erbe infestanti troppo invadenti quando le piante non sono ancora competitive come dimensione. In compenso potremo piantarlo in terreni sassosi e poverissimi senza darci cura di concimazioni e innaffiature. Collocazioni tipiche sono anche a ridosso dei muri a sud delle case. La propagazione per talea è facilissima grazie alla eccezionale resistenza e vitalità di questa pianta. E' infatti sufficiente piantare i rametti spezzati nella terra per avere già così buone possibilità di successo nella propagazione. Se abbiamo tempo da perdere, invece, è possibile fare radicare le talee tenendole in un recipiente immerse nell'acqua per metà e successivamente trapiantarle. I cespugli si possono "espandere" con elementari propaggini a contatto col terreno.
La prima volta che ho visto questa pianta è stato diversi anni fa, in estate nell'alveo arido del torrente tra i sassi. Era fiorita, alta un po' meno di un metro e il profumo delle sue foglie mi ha subito conquistato. Ho ritrovato spesso il tanaceto lungo le fasce fluviali in collina, a margine di sentieri e siepi, in luoghi assolati o in mezzombra. E' una erba perenne spontanea e frequente in Emilia Romagna. Nel mio giardino una piantina trapiantata in zona assolata e arida ha attecchito senza alcuna fatica e ha iniziato, dopo una stagione, a propagarsi spontaneamente tutt'intorno.
Il tanaceto può essere utilizzato come pianta medicinale in virtù dei principi amari che contiene. Tra gli usi, nella medicina popolare, vi è quello contro l'emicrania. Può essere anche utilizzato nella preparazione di liquore o enolito alle erbe per chi ricerca sapori dimenticati.
Un altra applicazione interessante è quello di "insetticida naturale", considerando che questa pianta è parente molto stretta del piretro. Può essere una buona idea piantare tanaceto vicino agli ortaggi da proteggere (ad esempio le patate). Oppure al di sotto di alberi da frutto.
Il Piretro di Dalmazia o semplicemente Piretro è la pianta insetticida per eccellenza. Il nome Italiano ci suggerisce che il suo ambiente naturale di crescita non è tanto distante dai confini nazionali. E infatti il piretro fu ampiamente coltivato in Italia, in modo particolare nella regione Marche prima che ci fossero alternative di origine chimica-industriale, perciò fino agli anni '70.
I principi attivi del piretro sono molecole dette piretrine, hanno la caratteristica di essere estremamente efficaci, di agire ad ampio spettro su quasi tutti gli insetti, ma di decadere in fretta come effetto tossico. Questa caratteristica li rende tutto sommato poco nocivi per l'ambiente e per l'uomo. L'uso del piretro e delle piretrine naturali è infatti accettato anche in agricoltura biologica.
I piretroidi sono invece le molecole di sintesi prodotte dall'industria chimica che assomigliano alle piretrine. Sono altrettanto efficaci ma di effetto molto più lungo, perciò sono riconosciute come più pericolose.
Visto l'aggravarsi del problema della zanzara tigre, la quale appare ogni giorno più agguerrita e organizzata in eserciti sempre più numerosi nonostante le campagne informative, il piretro potrebbe rappresentare un rimedio naturale e casalingo per la difesa personale.
Alcuni arbusti di bosco o delle macchie producono "bacche" commestibili. Per bacca si intendono piccoli frutti, alcune che rivestono interesse sono ad esempio:
È interessante riscoprirle per diversi motivi:
Le bacche, rispetto a un frutto da supermarket, sono molto piccole, ma non bisogna farsi trarre in inganno dalla grandezza, il sapore intenso infatti corrisponde spesso a una grandissima concentrazione di vitamine pregiate.
Alcune bacche possono essere conservate per preparare successivamente infusi oppure utilizzate in enoliti (vini o liquori aromatizzati, ad esempio coi frutti del prugnolo, a Parma e nel parmense si fa un liquore tradizionale molto apprezzato chiamato Bargnolino).
Anche se il momento "ufficiale" per raccoglierle è l'autunno, secondo me il momento ideale per assaggiare le bacche di rosa selvatica è il tardo inverno, quando si presentano come una "confettura". Questa polpa dal colore rosso cupo e dal profumo di rosa ha un sapore dolce-amaro estremamente intenso, particolare. Una delizia per chi è a caccia di sapori dimenticati. Potrebbe essere usato come prezioso condimento per i formaggi (un po' come si fa con l'aceto balsamico o con certe marmellate). Occorre un po' di astuzia ed abilità per estrarre dalla bacca la sola polpa senza la fastidiosa e irritante peluria che avvolge i semi.
Svariate piante producono bacche velenose (frutti o semi): prestate attenzione, assicuratevi di riconoscerle correttamente e documentatevi sempre da fonti attendibili sulla loro commestibilità.
Per fertilizzare il terreno naturalmente occorre non lavorarlo e non concimarlo. Nel terreno sono già presenti una miriade di forme di vita che collaborano per mantenere e migliorare la fertilità. Le radici stesse della pianta cedono al terreno grandi quantità di sostanze nutritive per favorire la presenza di batteri, funghi e altri microorganismi; ovviamente lo fanno nel loro stesso interesse. La ricerca di Alan Smith
In un terreno non lavorato accadono spontaneamente tantissimi processi, ad esempio:
L'aratura e la sarchiatura alterano, disequilibrano, sterilizzano il terreno che perde il grande potenziale intrinseco già presente in esso. Viceversa una pacciamatura realizzata con materiale organico e naturale come la paglia o il fieno può contribuire ad accelerare il processo di autofertilità del suolo. Su questi principi si basa la tecnica di coltivazione chiamata Agricoltura naturale inventata da Masanobu Fukuoka e la variante europea Agricoltura sinergica di Emilia Hazelip. Il valore della pacciamatura naturale è ampiamente riconosciuto anche tra i permacultori.
Il suolo auto-fertile rispetto alla fertilità artificiale ottenuta con la concimazione è anche più sano e più protetto rispetto a parassiti e altri patogeni.
Tutti gli ambienti naturali sono mosaici di infinite varietà di piante, funghi, microorganismi, insetti, animali, etc. Per mantenere il suolo fertile è perciò importante favorire la biodiversità, e considerare le piante infestanti non nemiche ma necessarie all'equilibrio della terra. Il valore delle piante spontanee è riconosciuto anche dalla pratica agricola tradizionale che nella rotazione delle colture prevede anni a "riposo" o "incolto".
Nell'agricoltura tradizionale, inoltre l'incolto serve per "sanificare" i terreni. In caso di infestazioni particolarmente resistenti di malerbe, infatti, pratica diffusa è lasciare a riposo il terreno per un anno.
Un suolo naturale rende le piante più forti e di valore nutritivo non paragonabile a quelle coltivate con fertilizzanti poiché contiene molta più ricchezza di composti e il migliore equilibrio possibile di sostanze nutritive, cioè l'equilibrio naturale.
Il valore finale dei raccolti non va misurato semplicemente dalla loro dimensione. Se facessimo un paragone con gli uomini dovremmo pensare che le persone sovrappeso sono più forti. Solitamente non è così.
Anche se dovremo tenerli lontani in certi periodi, gli uccelli con il loro guano provvedono a rifornire il terreno con composti ricchi di fosforo fondamentali per restituire la fertilità che si toglie coi raccolti. Per attirare gli uccelli forniamo loro piante adatte alla nidificazione e alberi ed arbusti che producono bacche ed ospitano insetti di cui si nutrono. Vale il solito principio della biodiversità.
Il fosforo è un componente fondamentale dell'ATP, pertanto è utilizzato in quasi tutte le reazioni enzimatiche in esseri viventi di qualsiasi tipo (batteri, vegetali, umani...). Inoltre i gruppi fosfati costituiscono la "struttura portante" dello stesso DNA insieme al deossiribosio.
In generale le piante appartententi alla famiglia delle leguminose rivestono un ruolo ecologico molto importante ospitando nelle radici batteri simbionti (Rizobium). Questi batteri proliferano in appositi organelli denominati rizobi hanno la capacità di sintetizzare composti organici azotati a partire dall'azoto gassoso atmosferico in un processo normalmente chiamato "azotofissazione".
L'azoto è un elemento fondamentale per lo sviluppo di tutti gli esseri viventi al pari del carbonio, essendo presente in molecole quali DNA, ATP, clorofilla, aminoacidi... etc
Questa cosa la sanno molto bene gli agronomi che nel stabilire le percentuali di concime chimico attribuiscono solitamente all'azoto un peso maggiore rispetto agli altri elementi. I legumi coltivati (per esempio fagioli, piselli, fave, arachidi etc) invece non richiedono concimazione d'azoto.
L'importanza nell'ecosistema di questa famiglia di piante è facilmente osservabile in ambienti spontanei, naturali o degradati, dove generalmente non mancano mai. Alcuni esempi sono:
Dall'osservazione degli ambienti naturali si decide con quale densità inserire queste piante.
Non si pianta robinia ne falso indaco in quanto troppo invasivi e non strettamente autoctoni. Le "ginestre", invece, (comprendendo tutti gli arbusti elencati sopra) sono sicuramente da diffondere nelle siepi, negli incolti e al di sotto di tutte le piante maggiori che desideriamo coltivare. Alcune sono più adatte in luoghi molto soleggiati (Spartium junceum) altre anche in penombra (Cytisus sessilifolius e Coronilla).
Il trifoglio, il meliloto, il ginestrino e la veccia (un'erba leguminosa parente delle fave) sono comparsi spontaneamente nel mio prato, incolto da qualche anno, in prossimità di olmi, noccioli e prugne. A conferma della validità del principio che la natura è in grado di autoequilibrarsi se non viene disturbata.
Come per le leguminose anche gli ontani attraverso la presenza di batteri simbionti nelle radici svolgono una azione di azotofissazione nel suolo. In questo caso sono colonie di batteri denominate Frankia a catturare l'azoto atmosferico e renderlo disponibile alla pianta.
L'azoto è un elemento talmente importante che le piante cedono ai batteri simbionti notevoli quantità di glucosio per la loro sopravvivenza.
Gli ontani sono stati inseriti di recente anche nelle coltivazioni di pioppi per cartiere e in generale nella arboricultura migliorando la produttività anche di questo genere di coltivazioni.
Anche l'olivello ospita (tecnicamente) l'attinomiceto simbionte azotofissatore (Frankia). E' presente spontaneamente dalle fasce fluviali, alla collina, alle dune costiere ed è largamente utilizzato come pianta in rimboschimenti, arboricultura e ornamentale. E' anche ottima pianta medicinale, le bacche ricchissime di vitamina C sono usate come integratore alimentare.
Si adatta a terreni difficili o franati come quelli dei calanchi migliorandone il suolo e producendo cibo per insetti, uccelli e piccoli animali. In arboricultura, ha il pregio di rimanere arbusto, quindi non entrare in competizione con gli alberi ad alto fusto pregiati.
Le felci sono apprezzate come piante ornamentali, medicinali ed hanno capacità di estrarre minerali convertendoli in composti organici che fertilizzano il suolo (vedi intervista a M. Crawford nel documentario BBC). Sono molto diffuse anche in Emilia, ovviamente nelle zone a loro congeniali, il più delle volte umide. Felci comuni si trovano nei boschi, sia in zone ombreggiate che assolate, l'importante per la loro sopravvivenza è la presenza costante di acqua. L'adiantum, di cui fa parte il capelvenere (Adiantum capillum veneris), si trova facilmente in corrispondenza delle sorgenti che si formano nelle fenditure delle pareti rocciose (ad es. a Vetto), avendo esigenze idriche notevoli (staccatene un rametto e vedrete la foglia essiccare nel giro di pochi minuti). Felci di dimensioni piccole si trovano anche in contesti generali più aridi, ma in posizioni dove il microclima è favorevole all'umidità, per es. in mezzo a fenditure rocciose dove è sempre presente il muschio e talvolta il sedum.
Per usi di permacultura la più interessante tra le Pteridophytae è forse l'equiseto? Lo si trova infatti anche in contesti meno umidi rispetto a quelle citate in precedenza. L'equiseto spesso lo si trova talvolta anche nei canali degradati dopo i centri abitati insieme alle tipiche canne infestanti (Phragmites).
Un proverbio emiliano testimonia che in passato gli equiseti erano considerati dai contadini indicatori per riconoscere buoni terreni produttivi. L'agricoltura meccanizzata di oggi invece considera l'equiseto una delle infestanti più problematiche.
La felce aquilina è forse la più diffusa e conosciuta tra le felci, la si trova facilmente nei nostri boschi anche nella bassa collina, spesso colonizza terreni poveri, talvolta franosi, a patto che non siano aridi.
Si tratta di piccoli arbusto dalla bella fioritura gialla (che spesso persiste anche in inverno) e dai nomi strani. Alcuni dei nomi italiani sono: "erba cornetta", "cornetta dondolina", "dondolino"."Coronilla" fa riferimento alla disposizione dei fiori a corona, mentre "cornetta" e "dondolina" alla forma del legume, un sottile e allungato cilindro a forma di mezzaluna.
Le piante di coronilla emero che ho osservato qui in Emilia, rispetto alle altre "ginestre" hanno due caratteristiche molto interessanti:
Può essere perciò adatta per essere collocata al di sotto di filari di alberi da frutto e/o di vite.
La ginestra odorosa, o ginestra di Spagna o spartium, è una pianta diffusa sulla nostra collina che dovrebbe essere utilizzata estensivamente allo scopo di "protezione civile". Cresce in condizioni di caldo e siccità estrema (ma resiste anche al freddo) anche in terreni sterili ed è in grado di arricchirli di sostanze nutrienti (azoto) oltre che consolidarli riducendo il dilavamento e il rischio delle frane. Su terreni aridi la piantagione può avvenire da semi senza nessuna lavorazione del terreno.
Riprodurre le ginestre dai semi è molto facile, vanno evitati ristagni idrici, per il resto è sufficiente idratare i semi nei periodi congegnali alla germinazione (fine estate o primavera). Dall'osservazione sembra che il meccanismo per superare la quiescenza sia quello dell'alternanza di temperature calde e fredde. In primavera le piante cresceranno più velocemente e avranno più possibilità di sopravvivenza. In terra le piante in pieno sole crescono in fretta (dopo pochi mesi avranno già molte ramificazioni e saranno alte anche 50cm) ma temeranno altre erbe infestanti e lumache. Per la semina in terra è necessario perciò ripulire il terreno eliminando le erbe infestanti, e seminare al momento giusto (all'inizio della primavera). Esposizioni molto soleggiate.
A prima vista il sottobosco delle pinete litoranee è un luogo sterile. Ma forse dovremmo considerare che quei pini affondano le radici su dune di sabbia salina. Che dire poi di ginepri e pini silvestri che si insediano sulle ripide scarpate sassose degli appennini dove non sono presenti nemmeno ginestre? Il ginepro lo troviamo in situzioni ambientali molto diverse, dai pascoli aridi e assolati sulle cime delle montagne, ai boschi umidi e scuri di latifoglie. Nei nostri ecosistemi naturali, dalla collina alla montagna, ai boschi litoranei è sempre presente. Se c'è ovunque in natura, significa che è molto utile.
Il cipresso è parente stretto del ginepro, c'è molta somiglianza e probabilmente la sua diffusione nelle zone d'Italia a clima mediterraneo può essere intrepretata allo stesso modo della presenza del ginepro in ecosistemi più difficili come clima.
Queste piante, con le loro foglie resinose (solitamente aghi) che si degradano molto lentamente, contribuiscono ad aumentare lo spessore dello strato organico di suolo, proteggendolo con una pacciamatura naturale sotto la quale possono iniziare i complessi cicli naturali di insetti, batteri, funghi e microorganismi in genere.
Il sottobosco di una pineta comunque non è affatto sterile. Oltre ai funghi tanti alberi e arbusti gradiscono il substrato acido formato dagli aghi di pino.
Sito | Descrizione |
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Piante e Arbusti in Italia | Un sito utile per il riconoscimento delle piante. Contiene immagini e descrizioni organizzati per indici con nomi comuni e scientifici. |
PFAF (Plants for a future) |
Sito inglese con una interessante introduzione in italiano, che parla della coltivazione di piante perenni. Contiene un vasto database di piante catalogate proprio in funzione della loro coltivazione con tecniche di permacultura |
Semine su www.barillibiagi.com | Sito che raccoglie indicazioni utili su come effettuare le semine di molti alberi, il periodo di semina, le probabilità di successo. |
InfoErbe | Database che raccoglie informazioni sugli usi medicinali delle piante. |
Fitoalimurgia del Veneto | Manuale pubblicato da Veneto Agricoltura che riporta le erbe spontanee commestibili della tradizione Veneta. |
Le piante selvatiche commestibili | Libro (PDF) che propone i tradizionali usi alimentari ed erboristici di numerose erbe e piante selvatiche in Lombardia. |